TRIGGER POINT E SINDROME MIOFASCIALE DOLOROSA

 

 

Non esiste dolore importante acuto  o cronico che non possa generare dei trigger points. Non esistono trigger points che stimolati non siano in grado di generare  dolore. I triggers points o punti grilletto definiti anche PAM o punti algici miofasciali sono punti presenti in diverse strutture del sistema muscolo scheletrico: cute, aree cicatriziali, muscolo, tendine, legamento, capsula, caratterizzati da una maggior densità tessutale di solito dolorabili alla palpazione.
Sono come dei nodi all’interno della struttura filamentosa che compone la maggior parte di questi tessuti molli. Alcuni punti definiti  trigger latenti possono rimanere silenti  per anni senza dar segno della  loro presenza per poi venire alla luce magari  dopo uno sforzo improvviso o prolungato, dopo uno stiramento, un movimento o una postura  mantenuta  a lungo oppure anche dopo il raffreddamento del muscolo stesso e infine anche dopo un trauma.
I trigger points  definiti invece attivi  provocano una diminuizione del raggio di  movimento  e  della forza muscolare delle aree muscolari coinvolte, inizialmente poco visibile capace di generare una graduale rigidità e un dolore cronico o ricorrente.
La disattivazione del TRIGGER POINT e la sua eventuale eliminazione consentono al paziente di tornare ad una normale vita quotidiana senza dolori né limitazioni funzionali in tempi brevissimi. Questa zona piccolissima nel muscolo scheletrico posizionata su una bandelletta palpabile risponde ipersensibile ad uno stimolo meccanico (pressione o trazione). Il trattamento di questi punti dopo una risposta dolorosa controllata dal fisioterapista porta alla lenta ma inesorabile diminuzione della sintomatologia dolorosa.
Esistono varie terapie per il trattamento dei trigger points:
-Blocco anestetico
-Stretch and Spray
-Stretch and Inject
-Analgesici non steroidei
-Terapie fisiche
-Terapie manuali
Basi di tecnica manuale – il trattamento
Per il trattamento le tecniche principali sono due: compressione ischemica e massaggio profondo localizzato.
Compressione ischemica
Si applica perpendicolarmente una pressione gradualmente crescente sul punto trigger finché non cede, successivamente si applica una pressione costante finche oppone resistenza. Dopo un certo tempo il punto trigger cederà di nuovo e si ripete il ciclo. Si procede quindi per cicli successivi di penetrazione, fermandosi quando il punto oppone resistenza.
All’opposizione di resistenza del trigger point la pressione va mantenuta costante per evitare dolore superfluo al paziente e per evitare di aumentare il livello di tensione e stress al paziente, rischiando di aggravare la situazione.
Massaggio profondo
Si opera un’azione di stiramento del punto trigger applicando una pressione in direzione delle fibre muscolari per allungare i sarcomeri contratti. In casi di presenza di strappi si può stirare la fibra ortogonalmente per non aggravare il danno. Si ripete l’operazione ciclicamente in senso disto-prossimale.
Durante il trattamento è normale un certo dolore, scatenato dalla pressione del trigger point. Il dolore provato dal paziente però non deve essere eccessivo ma deve assestarsi all’80-85% della soglia e deve essere visto come dolore “che abbandona” il punto trigger.
Relativamente alla sicurezza del fisioterapista le due tecniche vanno dosate con cura perché risultano pesanti per le articolazioni delle dita, soprattutto la compressione ischemica.