Attività fisica, un “farmaco” per la riabilitazione cardiaca

Un pilastro della riabilitazione cardiaca è l’attività fisica. Dopo un evento cardiovascolare avverso, ad esempio una cardiopatia ischemica, il paziente viene assegnato a un programma riabilitativo con l’obiettivo di recuperare buone condizioni di salute e ridurre il rischio di ulteriori eventi avversi. Accanto alla terapia farmacologica il paziente riceve precise indicazioni sullo stile di vita da seguire: «Da anni è ormai assodato che l’attività fisica aerobica è lo strumento migliore per fare training cardiovascolare in caso di cardiopatia. L’esercizio fisico è assimilabile a un farmaco che viene prescritto dal medico», ricorda il dottor Stefano Aglieri, specialista in Medicina dello Sport e responsabile di Riabilitazione cardio-respiratoria di Humanitas.

Riabilitazione cardiaca e movimento

Il controllo del peso, della pressione arteriosa dei valori di colesterolo totale e frazioni, la disassuefazione dal fumo di sigaretta, una dieta salutare, l’attività fisica da praticare con regolarità sono gli ambiti attorno ai quali si definisce il programma riabilitativo con lo scopo di stabilizzare il quadro clinico del paziente: «Ogni paziente con cardiopatia ischemica in fase post acuta viene indirizzato alla riabilitazione. Così come l’intero programma riabilitativo, anche il piano di attività fisica è definito su misura in base a parametri come ad esempio la frequenza cardiaca a riposo, sotto sforzo e le informazioni sulla capacità funzionale del singolo paziente».

«Il piano di attività fisica – ricorda il dottor Aglieri – viene eseguito in ambiente ambulatoriale e poi viene indicata al paziente la prosecuzione domiciliare autogestita sempre prevedendo controlli specialistici periodici».

Ma in che modo si può eseguire l’attività fisica per la riabilitazione? «Nelle strutture sanitarie si utilizzano nastri trasportatori e cicloergometri. Tuttavia, purché sia aerobica, qualsiasi forma di attività fisica potrebbe andar bene, anche un programma di camminata, di nordic walking, così come l’attività in bicicletta, sempre se possibile», ricorda l’esperto.

Anche il tai chi può essere utile?

Accanto all’attività fisica aerobica, in pazienti selezionati, si stanno sperimentando negli ultimi anni dei programmi innovativi «come ad esempio l’interval training o l’esecuzione di esercizi con piccoli pesi». Tra i programmi alternativi la ricerca ha valutato anche il possibile ricorso al tai chi. Uno studio pubblicato su Journal of the American Heart Association realizzato dalla Brown University (Stati Uniti) ha suggerito il suo potenziale beneficio come opzione ulteriore per l’attività fisica: «Si tratta di un esperimento pilota, condotto su un numero molto esiguo di pazienti colpiti da infarto o sottoposti ad angioplastica coronarica, solo 29», sottolinea il dottor Aglieri.

«Lo studio presenta anche degli aspetti interessanti ma non è possibile concludere indicando il tai chi come una forma di attività fisica per la riabilitazione anche perché i suoi benefici non sono stati confrontati rispetto a quelli di un programma tradizionale. Lo studio ha infatti paragonato due programmi riabilitativi con il tai chi di diversa durata. Questa disciplina, che si basa su movimenti gentili, potrebbe certamente essere integrata in un piano di fisioterapia in ambito riabilitativo», conclude il dottor Aglieri. (Humanitasalute.it)