La riabilitazione che cambierà la storia della sclerosi multipla

Non bastano tre cicli di poche sedute di riabilitazione, è ora di cambiare: la ricerca, infatti, dimostra che una riabilitazione costante e personalizzata funziona come una terapia e può modificare la storia quotidiana della sclerosi multipla.
In tal senso, l’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) ha proposto – all’interno del Congresso di Genova della SIN (Società Italiana di Neurologia) – un workshop scientifico centrato appunto su una neuroriabilitazione che metta al centro la persona e le cure integrate.

Per l’occasione, Luca Prosperini del Dipartimento di Neurologia e Psichiatria dell’Università La Sapienza di Roma, neurologo al Centro Sclerosi Multipla dell’Ospedale Sant’Andrea della Capitale, Premio Rita Levi Montalcini 2015, ha evidenziato che «in una recente revisione della letteratura scientifica sulla riabilitazione, sono stati individuati sedici studi secondo i quali la riabilitazione motoria e cognitiva innesca un cambiamento funzionale e strutturale della plasticità cerebrale, con una correlazione diretta tra quanto una persona migliora funzionalmente dopo il trattamento e quanto migliora anche la funzionalità e la struttura cerebrale misurata attraverso la risonanza magnetica».
E del resto, è proprio l’utilizzo della risonanza magnetica nella ricerca – per il quale l’AISM è stata tra i pionieri in Italia – che sta segnando un cambio di paradigma, un salto di qualità nella capacità di misurare effettivamente non solo quanto la riabilitazione consenta di migliorare nell’uso di una mano o di una gamba, ma anche il correlato cambiamento che un trattamento può indurre nella plasticità del sistema nervoso centrale e nella capacità di ogni persona (a qualsiasi età e in qualsiasi situazione di disabilità già acquisita), di recuperare i danni prodotti dalla sclerosi multipla.

Sempre a Genova, Matilde Inglese, docente associata di Neurologia, Radiologia e Neuroscienze presso la Scuola di Medicina Mount Sinai di New York, ha presentato le diverse tecniche con cui la ricerca svolta con risonanza magnetica sta “imparando” ad evidenziare i cambiamenti introdotti dalla riabilitazione. Inglese ha mostrato in particolare come sia «soprattutto una riabilitazione attiva, orientata a compiti precisi e ad alta intensità» ad ottenere i migliori risultati.
«Ogni traning riabiliativo – ha aggiunto Prosperini – è utile se viene ripetuto con costanza e trova il giusto equilibrio di intensità e fatica: se è troppo facile non serve, se è troppo difficile è frustrante e la persona si ferma. In ogni caso la riabilitazione non fa sconti e ogni persona con sclerosi multipla dovrebbe poter seguire una riabilitazione costante. Come capita infatti a un calciatore che torna da un infortunio e non è immediatamente in grado di ripetere le prestazioni cui era abituato, allo stesso modo ogni interruzione nel percorso riabilitativo comporta la perdita dei livelli di abilità raggiunti con il trattamento e induce nella funzionalità cerebrale una plasticità mal adattativa che risulta dannosa».

La via per una riabilitazione efficace come una vera e propria terapia è dunque tracciata, ma la meta è ancora da conquistare, come hanno riconosciuto all’unanimità i relatori dell’incontro di Genova. Inglese, in particolare, ha concluso il proprio intervento ricordando come sia ancora necessario «attuare delle verifiche su studi più ampi, eseguiti con gruppi di controllo, per capire quali siano la durata e l’intensità ottimale di un trattamento; bisogna inoltre identificare i criteri da utilizzare per individuare chi risponderà meglio ai trattamenti ed effettuare nuovi studi in particolare sulle persone con forme progressive di sclerosi multipla, coloro che forse hanno più necessità di interventi riabilitativi adeguati. Infine, sarà importante indagare come la riabilitazione interagisca con i trattamenti farmacologici e con le nuove tecniche di stimolazione cerebrale».

Durante il workshop, Giampaolo Brichetto e Andrea Tacchino, ricercatori della FISM, la Fondazione che opera a fianco dell’AISM, hanno presentato gli sviluppi dei progetti di ricerca che l’AISM stessa sta realizzando nel campo del monitoraggio della malattia, attraverso le applicazioni mobili come smartphone e tablet (Mobile Healthcare) e nella messa a punto di applicazioni innovative per effettuare a domicilio una riabilitazione cognitiva intensiva, che si calibri progressivamente sulla risposta fornita da ciascuna persona e consenta dunque di personalizzare ciascun trattamento in vista di una maggiore efficacia.
Brichetto, infine, ha presentato anche alcuni risultati preliminari ottenuti con il Progetto PROMOPROMS, che su un campione di circa ottocento persone seguite dai Centri Riabilitativi AISM, sta individuando un nuovo profilo di indicatori per monitorare, prevedere e trattare in anticipo la progressione della disabilità nella malattia, prevenendone il più possibile l’aggravamento.

Come sta dunque avvenendo per le terapie farmacologiche, la ricerca in neuroriabilitazione sta dimostrando che la personalizzazione, il corretto monitoraggio, la capacità di anticipare le scelte terapeutiche e di effettuare adeguati esercizi e trattamenti terapeutici neuroriabilitativi il più precocemente possibile, potranno costituire un punto di svolta nella cura della sclerosi multipla.
«L’incontro di Genova – commenta Paola Zaratin, direttore della Ricerca Scientifica della FISM – – conferma che la ricerca in riabilitazione sta individuando concretamente le evidenze scientifiche che consentono, come vuole l’Agenda della Sclerosi Multipla 2020, presentata dall’AISM nella primavera di quest’anno, di riconoscere la valenza di cura dell’intervento riabilitativo e, dunque, di rendere migliore la vita reale delle persone con sclerosi multipla».  (Superando.it)