Sarà ernia o pubalgia?

Sono soprattutto coloro che praticano sport a soffrirne. I sintomi sembrano simili ma c’è differenza fra pubalgia ed ernia. Lo spiegano gli specialisti di Humanitas. Un problema, questo, avvertito in questa stagione, nella quale praticare sport è un piacere per molti.

Praticare un po’ di sport è ormai noto fa bene a chiunque e a tutte le età. Ancor più bello è poterlo fare all’aria aperta, durante la primavera e l’estate quando ci si può sbizzarrire sulla scelta dei posti in cui andare a correre o nuotare, o ancora incontrarsi per giocare a tennis o a calcio, e chi più ne ha ne metta. Purtroppo, talvolta, a chi pratica sport con una certa costanza ed impegno capita di iniziare ad avvertire qualche dolore alla zona addominale, in particolare al basso ventre o all’inguine. Il primo pensiero va in genere all’ernia inguinale, sebbene esistano anche forme asintomatiche, mentre spesso non si considera l’eventualità che possa trattarsi di pubalgia, una malattia che presenta alcuni sintomi comuni all’ernia, ma di natura del tutto differente. Per capire di cosa si tratta e come distinguere una patologia dall’altra ci siamo rivolti a due esperti di Humanitas: il dottor Piero Volpi, responsabile di Ortopedia del ginocchio e Traumatologia dello Sport e il dottor Stefano Bona, responsabile della sezione di Chirurgia Colorettale e Mininvasiva.

ERNIA O PUBALGIA?

“Innanzitutto, è bene definire di cosa si sta parlando – spiega il dottor Volpi. La pubalgia è una malattia che colpisce gli uomini in particolare e provoca dolore a livello del pube, solo da un lato o da entrambi i lati del bacino. Numerosi sono gli inquadramenti patologici, ma possono essere sostanzialmente racchiusi in due categorie principali: una di natura ortopedica e una di natura chirurgica, da trattare dunque con differente terapia.”
La pubalgia colpisce in genere chi svolge attività sportiva a livello agonistico o con costanza, ma non solo. Ad esserne colpiti sono prevalentemente coloro che giocano a calcio, rugby, scherma e atletica leggera, sport che coinvolgono soprattutto gli arti inferiori.

L’ernia inguinale, benché i sintomi siano analoghi – afferma il dottor Bona – consiste invece nella fuoriuscita dei visceri attraverso un orifizio, per via di una debolezza fisiologica della regione inguinale in cui i tendini della muscolatura addominale si fissano alle ossa del bacino. Può dipendere da forme congenite o da un progressivo cedimento dei tendini causato da più fattori, quali la predisposizione individuale, gli sforzi fisici e l’invecchiamento fisiologico dei tessuti. “L’ernia colpisce sia uomini che donne, con una netta prevalenza però dei primi. Oltre a provocare fastidio o dolore nella zona inguinale, soprattutto durante l’esercizio fisico o dopo lunghi periodi in piedi, l’ernia può causare dolore a seguito di sforzi addominali intensi, quali tosse, starnuti e defecazione. In queste circostanze il gonfiore si fa più evidente, mentre tende a scomparire da sdraiati.

COME CURARE LA PUBALGIA

Le terapie per curare le due patologie sono varie e nel caso in cui si sia diagnosticata una forma di pubalgia, sempre occorre fare distinzione fra pubalgia chirurgica e ortopedica. “Prima di decidere quale terapia scegliere – spiega il dottor Volpi – è perciò opportuno effettuare un’ecografia dinamica, ossia eseguita in posizione eretta, per verificare la presenza di debolezza della parete o micro-ernie. Una volta effettuata una corretta diagnosi i casi sono due: se si tratta di micro-ernie, il paziente verrà sottoposto ad intervento chirurgico, nel caso in cui invece si riscontri una tendinopatia inserzionale, ossia una forma ortopedica, si ricorre ad una terapia conservativa o riabilitativa, la chinesiterapia, utile a rafforzare i muscoli e ad alleggerire i tendini. Ideale in questo caso può essere anche praticare un po’ di nuoto, poiché si stimola il muscolo senza gravare sull’osso. Esistono poi terapie come la tecarterapia, basata sull’uso di calore endogeno che rivascolarizza i tessuti sofferenti e l’elettroterapia, grazie alla quale, mediante alcune mini scosse elettriche, vengono progressivamente eliminati il dolore e l’infiammazione. Recentemente – continua il dottor Volpi – sta dando ottimi risultati anche l’uso di onde d’urto con effetto stimolante e rimodellante per il tessuto tendineo. Ma ciò che conta, in ogni caso, per avere buoni risultati è abbinare sempre a queste terapie una buona attività riabilitativa.” L’intervento, oltre che nei casi specificati, può essere necessario se la pubalgia ortopedica si cronicizza o non risponde alle terapie riabilitative. I farmaci vengono prescritti in genere solo in presenza di manifestazioni dolorose acute, ma non hanno alcuna proprietà curativa.

COME CURARE L’ERNIA INGUINALE

“Ben diverso è il caso dell’ernia inguinale – spiega il dottor Bona. L’ernia è infatti una patologia destinata a peggiorare, non solo perché può limitare le attività fisiche quotidiane, causando fastidio e dolore, ma può provocare anche complicanze da gestire con urgenza. Quando l’ernia non riesce a rientrare nella sua sede né spontaneamente né esercitando una pressione, possono infatti sorgere problemi gravi, quali l’occlusione intestinale per via della compressione dell’intestino e dei suoi vasi, o la necrosi dell’intestino con peritonite. In questi casi bisogna intervenire chirurgicamente in modo tempestivo per non mettere a rischio la vita.”

L’intervento chirurgico classico per curare l’ernia consiste in una riparazione, detta ernioplastica, per via anteriore, eseguita attraverso una piccola incisione praticata a livello inguinale. Con questo metodo l’ernia viene riposizionata all’interno dell’addome e la parete addominale viene rinforzata mediante reti appositamente sagomate. Questo tipo di intervento è praticato in anestesia locale, spesso in regime di Day Hospital, è facilmente tollerato dai pazienti, e consente un decorso post-operatorio poco doloroso.

LA CHIRURGIA LAPAROSCOPIA CONTRO L’ERNIA INGUINALE

“Oltre al metodo tradizionale appena descritto – precisa il dottor Bona – può essere utilizzata la laparoscopia. In questo caso l’ernia viene affrontata e riposizionata nella sua sede originaria passando per la parte interna dell’addome, alla quale il chirurgo accede praticando tre piccoli fori su di esso. Attraverso questi ultimi si inseriscono la telecamera e gli strumenti chirurgici. Questa tecnica, rispetto a quella tradizionale, ha il vantaggio di consentire contestualmente la riparazione di un’ernia bilaterale (che interessa cioè sia il lato destro che quello sinistro dell’addome), senza costringere lo specialista a ricorrere a due interventi separati per via anteriore, o a un’unica ampia incisione. Può essere inoltre vantaggiosa anche nel caso di ernia recidiva, già operata con il metodo classico.

La laparoscopia consente in questo caso di non aprire nuovamente la ferita creatasi in seguito al precedente intervento e di ridurre così il rischio di danneggiare strutture sensibili (vasi sanguigni, nervi e – nel maschio – i dotti spermatici). È bene comunque sapere che la laparoscopia richiede sempre un’anestesia totale, motivo per cui spetta al chirurgo valutare quale tecnica è meglio adoperare, a seconda dei singoli casi.”

FARE SPORT IN MODO RESPONSABILE

Quando si pratica sport è consigliabile in generale aver cura di scegliere scarpe idonee e attrezzi adeguati per prevenire l’insorgere di disturbi come questi. E’ importante fare sempre riscaldamento prima di iniziare e concludere l’attività con un po’ di stretching. Infine, mai dimenticare di tenere sempre sotto controllo il peso corporeo. “Venendo allo specifico – suggerisce il dottor Volpi – negli stadi iniziali della pubalgia si può continuare a praticare sport, mentre nelle forme più avanzate bisogna momentaneamente sospendere l’attività fisica e sostituirla con un’intensa terapia riabilitativa. Successivamente si potrà riprendere gradualmente, cercando di correggere i movimenti sbagliati che hanno causato il problema.”

Nel caso dell’ernia non esistono invece forme di prevenzione particolari, poiché si tratta di un disturbo multifattoriale, influenzato anche dalla predisposizione individuale, sebbene indubbiamente non faccia male seguire le indicazioni che vengono datelinea generale a chi pratica sport. “Dopo l’intervento – conclude il dottor Bona – si possono riprendere subito le attività abituali, mentre per l’esercizio fisico è opportuno attendere 2-3 settimane. Per gli sportivi può essere utile praticare un po’ di fisioterapia affinché la ripresa sia più efficace”. (Humanitasalute.it)