Spalla, quali trattamenti in caso di artrosi?

Con l’età che avanza le cartilagini che rivestono le ossa vanno incontro a un processo di deterioramento. È quello che può succedere, ad esempio, all’anca o al ginocchio, ma anche alla spalla. Non è solo l’invecchiamento, però, a determinare l’insorgenza dell’artrosi in questa grande struttura del sistema osteoarticolare: «Sono diverse le cause dell’artrosi. Tra queste i traumi, le fratture e le patologie infiammatorie», ricorda il dottor Mario Borroni, ortopedico della spalla e del gomito di Humanitas.

I sintomi dell’artrosi sono il dolore, la rigidità articolare e la limitazione funzionale: «Nel caso della spalla la patologia della cartilagine può differenziarsi da quella a carico del ginocchio o dell’anca per una minore rilevanza della sintomatologia. Quando è il ginocchio a essere interessato dall’artrosi la sintomatologia è molto rilevante perché si accompagna al movimento degli arti inferiori, alla deambulazione. Nel caso dell’artrosi della spalla il paziente tende, a volte, a tollerarne i sintomi, che sono un po’ meno rilevanti».

Funzionamento della spalla e usura

Il processo artrosico della spalla coinvolge l’articolazione scapolo-omerale, «quella fra i capi articolari della testa dell’omero e della cavità glenoidea, una fossa non molto profonda della scapola», spiega l’esperto.

A seconda della sua causa si possono distinguere due forme di artrosi, «una primaria, senza causa specifica, dovuta a condizioni congenite o a semplice predisposizione, e una secondaria, conseguente a una patologia infiammatoria come l’artrite reumatoide, a traumi, ad esempio una frattura, o a un’alterazione della fisiologia biomeccanica della spalla. In altre parole l’articolazione della spalla comincia a lavorare in modo in non corretto, ad esempio per via di una problematica all’apparato capsulo-legamentoso che determina usura precoce», spiega il dottor Borroni.

L’associazione tra la degenerazione della cartilagine e lo stile di vita, ad esempio l’attività fisica che prevede ripetuti movimenti della spalla, non è determinante: «Se la spalla lavora male sorgono i problemi che possono portare allo sviluppo dell’artrosi. Questo è l’elemento rilevante. Affinché la spalla possa lavorare bene, il centro di rotazione della testa dell’omero sulla cavità glenoidea dev’essere stabile. Se questo si altera, ovvero si sposta, si decentra, ecco che sorge una disfunzione. Ad esempio la testa dell’omero può alzarsi per via di una lesione della cuffia dei rotatori oppure può spostarsi sul piano orizzontale, in avanti o indietro, causando un lavoro eccentrico. Sono questi gli scenari in cui la cartilagine può andare incontro a usura».

Protesi anatomiche e “inverse”

Diversi elementi definiscono la scelta del trattamento: l’età del paziente e le sue condizioni di salute, la severità dei sintomi, il livello di attività, le caratteristiche dell’artrosi. Il trattamento può essere sia conservativo che chirurgico. «Nel primo caso la terapia ha lo scopo di alleviare il dolore; è quindi una terapia sintomatica che non può ovviare al processo irreversibile di alterazione della cartilagine. Fra le diverse opzioni cui poter ricorrere ci sono le terapie fisiche come la tecarterapia, oppure le infiltrazioni di acido ialuronico con effetto lubrificante, la fisioterapia per migliorare il funzionamento della spalla. In questi casi è importante la prevenzione, evitando i carichi e quei movimenti che possono peggiorare l’usura».

L’intervento chirurgico prevede l’inserimento di una protesi: «Questa è l’unica opzione efficace e risolutiva, i lavaggi artroscopici si sono infatti dimostrati poco efficaci». Riguardo alle protesi è rilevante la distinzione tra protesi anatomica e protesi inversa: «Se la cuffia dei rotatori è integra e funzionante si utilizza una protesi anatomica che riproduce l’anatomia della spalla servendosi di questi muscoli».

«Se invece la cuffia dei rotatori è lesionata lo scenario è diverso. L’inserimento della protesi elimina il dolore perché ripristina il contatto articolare grazie alle superfici artificiali dell’impianto ma non può garantire alla spalla un movimento adeguato. Si inserisce una protesi inversa, così chiamata perché sono invertite le forme geometriche delle due ossa articolari: la superficie concava non si trova sulla cavità glenoidea bensì sulla superficie dell’omero e viceversa. È fondamentale però che il muscolo deltoide funzioni in maniera efficiente perché è questo muscolo che deve assicurare il funzionamento dell’articolazione», conclude il dottor Borroni. (Humanitasalute)