Traumi più comuni del piede dell’atleta

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Le statistiche affermano che circa il 70% degli atleti hanno subito o subiranno un trauma ai piedi. Anche se la maggior parte dei traumi potranno sembrare di lieve entità, se vengono trascurati e non propriamente trattati, essi potranno diventare problematiche più serie nel tempo. L’80% dei traumi sono dovuti ad errori di allenamento, il resto ad infortuni. La vulnerabilità del piede risulta evidente se si considera che eseguono 800 battute ogni 1.600 metri di corsa e che ad ogni falcata il peso corporeo inciderà dalle 3 alle 8 volte.

Ad ogni allenamento e ad ogni gara sono tonnellate di carico e spinta che si esercitano sulle articolazioni dei piedi ma anche sulle articolazioni degli arti inferiori. Certamente correre fa bene ed è salutare, ma è opportuno non sottovalutare gli eventuali disturbi e/o dolori.

Le patologie più comuni che affliggono i piedi dell’atleta sono:

La sindrome da stress di Shin Splints caratterizzata da un dolore che si manifesta alla tibia sulla faccia anteriore e/o mediale. Gli atleti più a rischio che possono essere afflitti da questo disturbo sono quelli più giovani, in quanto non ancora abituati allo stress prolungato della corsa; sono anche a rischio quegli atleti che non eseguono un appropriato stretching prima di correre. Per alleviare questo disturbo l’atleta dovrebbe eseguire delle applicazioni di ghiaccio, diminuire il carico degli allenamenti, rinforzare gradualmente la muscolatura con esercizi mirati: nuoto e/o cyclette ad esempio. In ogni caso si rende necessario mantenere in allenamento il fisico, senza provocare ulteriore carico. In acqua infatti non c’è gravità e sulla cyclette il peso corporeo non incide sugli arti inferiori in quanto ci si allena stando seduti. Se il disturbo non dovesse estinguersi, sarà necessario riposo totale ed eventualmente il consulto con uno specialista (medico sportivo, osteopata), evidentemente per modificare alcuni aspetti biomeccanici nella corsa.

L’infiammazione del tendine d’Achille , causata da vari fattori che contribuiscono allo sviluppo di questa tendinopatia. Corse prolungate su falsipiani in cui si creano i presupposti ad una eccessiva ipertrofia ed ipertonia muscolare dei polpacci che solleciteranno a dismisura il tendine. Calzature non idonee. Appoggio scorretto del piede durante la corsa (disfunzione biomeccanica).Pertanto l’atleta deve necessariamente ridurre se non addirittura interrompere gli allenamenti. Eseguire applicazioni di ghiaccio, stretching moderato e controllato. Utilizzare calzature con tacco o piccolo rialzo calcaneare bilaterale per accorciare e quindi de tendere l’Achilleo soprattutto nella fase di carico.
Nei casi in cui il dolore e quindi l’infiammazione acuisce, ci si adopera con terapia farmacologica (farmaci antinfiammatori e/o decontratturanti, comunque a discrezione del medico) e una volta regredita la fase acuta, va eseguita la fisioterapia per accelerarne i tempi di recupero: laser, tens, cryo, ultrasuono terapia, T.E.C.A.R. (utile ecografia di controllo). Successivamente una volta scomparso il dolore, si passa al ricondizionamento del gesto atletico con carichi graduali.
Alcuni atleti possono riportare dei quadri clinici più importanti in cui, attraverso il supporto di un esame strumentale come l’ecografia, si possono evidenziare micro lesioni come da sfilacciamento di alcune fibre tendinee o calcificazioni (dolorose) in seguito a reiterati traumi mal gestiti e/o trascurati. In alcuni di questi casi potrebbe rendersi necessario il trattamento con onde d’urto. Rari i casi di intervento di neurolisi (pulizia del tendine).

La tallonite : spesso provocata da traumi diretti, da spina o sperone calcaneare o da una fascite. Queste condizioni morbose sono spesso la conseguenza di eccessivi carichi sulla fascia plantare, che si estende dal calcagno alle dita del piede. Soprattutto ai primi passi, al mattino, la zona può essere molto dolorosa. Questa condizione può causare rigonfiamento in corrispondenza della zona inserzionale del calcagno. Il dolore si acutizza soprattutto quando il piede si appiattisce nella fase di carico o quando si spinge in avanzamento. Tali disturbi si manifestano più facilmente in quei soggetti con piedi piatti e flessibili o al contrario in quei soggetti con piedi cavi e rigidi.
È necessario ridurre la durata e l’intensità della corsa, usare calzature idonee con plantare antichoc da sostituire periodicamente a seconda del tipo di attività svolta (mediamente anche ogni 2-3 mesi), in quanto l’usura riduce drasticamente il coefficiente di scarico.
Diventa fondamentale il lavoro svolto dal preparatore atletico a scopo preventivo come anche per la ripresa dell’attività fisica. Ai giorni di duro allenamento vanno alternati giorni di defaticamento: la distanza in chilometri dovrebbe essere aumentata soltanto del 10% circa ogni settimana, per poi essere ridotta ogni tre settimane.
Per recuperare al meglio e nel minor tempo possibile la funzionalità del piede, oltre alla riduzione dei carichi di lavoro, le ore di allenamento e l’utilizzo di calzature appropriate, ci si dovrà adoperare anche con la fisioterapia: laser, ultrasuoni, T.E.C.A.R., crioterapia, stretching, esercizi di scarico. Terapia farmacologica a discrezione del medico.

Le fratture da stress sono piccole lesioni ossee che interessano in modo peculiare coloro i quali praticano sport ripetitivi come il podismo, il tennis, la pallavolo, pallacanestro, calcio, atletica.

Per comprendere i fattori predisponenti occorre sapere che l’osso è un tessuto vitale che come gli altri ha un metabolismo molto attivo che va incontro a continui rimodellamenti sulla base dello stato metabolico dell’organismo (livello di calcio presente nel sangue) e degli stimoli meccanici a cui viene sottoposto. In pratica, affinché il tessuto osseo possa rigenerarsi, esistono tipi di cellule (gli osteoclasti) che lo demoliscono e cellule (gli osteoblasti) che lo ricostruiscono; questo genera un continuo ricambio della matrice minerale che si mantiene in equilibrio con due scopi: mantenere costante il livello di calcio e riadattare l’osso al tipo di sollecitazioni a cui è sottoposto. In sostanza se l’allenamento e le sollecitazioni meccaniche superano la capacità dell’osso di rigenerarsi e/o di riparare le microlesioni, queste si trasformeranno in vere fratture.

In ordine di frequenza avremo fratture del colletto del 2° metatarso, tipico di quei soggetti con il secondo dito del piede più lungo e fratture delle base del 5° metatarso, più comune in quei soggetti che atteggiano il piede supinato cioè poggiano maggiormente il margine esterno della pianta del piede.

I fattori di rischio oltre a quelli da imputare al tipo di sport praticato, sono anche quelli quando improvvisamente ci si dedica ad intensa attività fisica dopo un lungo periodo di sedentarietà. Altri fattori di rischio sono ad esempio nelle donne il ciclo mestruale. L’osteoporosi nei soggetti debilitati.

Cura e prevenzione. Le cure variano a seconda della posizione della frattura e da quanto sia necessario un rapido recupero alla ripresa dell’attività fisica.
Pertanto in linea generale si eseguiranno: terapia farmacologica, a discrezione del medico, fondamentalmente a base di acetaminofene per il dolore e farmaci a base calcica. Riduzione del carico, utilizzando anche stampelle canadesi e in casi più gravi immobilizzazione con gambaletto gessato. In rari casi si pratica l’intervento chirurgico allorquando si accerti che il consolidamento della frattura sia difficile a causa della scarsa vascolarizzazione di quel segmento di osso fratturato.

Fisioterapia con: magnetoterapia, ultrasuoni, T.e.c.a.r.

Sarà a discrezione del Fisioterapista valutarne le modalità, la durata ed i parametri di applicazione delle su dette terapie strumentali a seconda di come si presenta il quadro clinico. Dicasi allo stesso modo per quanto concerne la fase successiva in cui si renderà necessario un programma riabilitativo con esercizi propriocettivi i quali mireranno al recupero del passo; graduale ricondizionamento al gesto atletico che comprenderà tutta una serie di modalità al fine di riabituare il piede ai carichi ed allo stress atletico.

A scopo preventivo, sarebbe opportuno adoperarsi per una sana e corretta alimentazione nella quale non dovrà mancare un equilibrato apporto di calcio e altri nutrienti con integratori per mantenere ossa più forti; se necessario apportare modifiche al gesto atletico; utilizzare calzature adeguate all’attività che si vuol praticare, sostituendole con un nuovo paio periodicamente.

[Fonte http://www.giovinazzoviva.it/rubriche/puntate/traumi-piu-comuni-del-piede-dell-atleta-2-parte/]