Pallavolo e basket: “Era solo un dito insaccato”

(Humanitasalute) – Apparentemente, per i profani dello sport, pallavolo e pallacanestro hanno ben poco in comune, ma se chiedessimo sia a pallavolisti che a cestiti che cos’è un “dito insaccato”, siamo sicuri che sul viso di entrambi apparirebbe una smorfia di dolore.
Può, infatti, capitare durante una partita di pallavolo o basket che la mano dell’atleta nel fervore del gioco, impatti con il pallone nel tentativo di afferrarlo, deviarlo o fare muro.

“Tra tutti gli sport, quello a più alto rischio di trauma alle dita è la pallavolo. Nel gioco sono coinvolte dita differenti: nel palleggio, ad esempio, le prime tre dita, con particolare rischio per il pollice. Nel muro, le dita più a rischio sono le dita lunghe che devono fermare l’arrivo della palla ad alta velocità.
Nel basket vi è un po’ meno rischio di lesioni, ma sia nella ricezione che nella conquista di un rimbalzo, tutte le dita della mano sono sollecitate”, spiega Monica Seves, fisioterapista del Centro di Chirurgia della Mano di Humanitas Mater Domini.

Ma cosa significa “dito insaccato”?

Dito insaccato” è un termine molto generico, che descrive un trauma da impatto con la palla, a seguito di uno scontro con un avversario o durante una caduta.
Si tratta di una contusione ad un dito che provoca forte dolore, edema (gonfiore) e può manifestarsi anche con un versamento di sangue con una colorazione bluastra. Se il trauma è particolarmente grave il dito può apparire deviato lateralmente, e spesso è lo sportivo stesso che lo “riallinea” manualmente.
Naturalmente è un trauma che non va assolutamente sottovalutato, che non guarisce in tempi rapidi e, se non curato adeguatamente, può portare conseguenze funzionali anche gravi.

Quali articolazioni sono coinvolte e come si danneggiano?

Le articolazioni più a rischio sono le Interfalangee Prossimali delle dita lunghe.
Nei traumi lievi, ghiaccio e qualche giorno di riposo sono sufficienti per ritornare a giocare e, se necessario, è consigliato unire le dita (sindattilia) con un cerotto anelastico (tape).
Quando, invece, il trauma è più importante ed il dito appare particolarmente dolente, gonfio e bluastro, è importante una corretta diagnosi da parte di un Chirurgo della Mano, medico specialista per diagnosticare questi traumi. Una semplice radiografia è utilissima per escludere eventuali fratture o gravi lesioni legamentose che “strappano” un piccolo angolo d’osso.
Il trattamento varia a seconda della gravità della lesione, dei tessuti coinvolti e se lo sportivo è un professionista o dilettante.
Il fisioterapista, in équipe col chirurgo, deciderà poi il tipo di immobilizzazione ed il trattamento riabilitativo.
“Nella fase dell’immobilizzazione che, in base al tipo di lesione può avere tempi differenti, non vengono utilizzate “stecche” per bloccare le dita ma tutori modellati direttamente sul paziente e facilmente removibili. Possono immobilizzare selettivamente l’articolazione coinvolta o possono proteggerne solo alcuni movimenti.
Se necessario, dopo la fase di parziale immobilizzazione, seguirà della riabilitazione per ripristinare tutti i possibili movimenti”, conclude la fisioterapista Seves.

E’ quindi importante non sottovalutare mai un trauma di questo tipo, per evitare di arrivare dal Chirurgo dopo qualche mese con un dito gonfio e poco mobile adducendo la motivazione che spesso si sente in ambulatorio: “Era solo un dito insaccato”!