Negli Stati Uniti aperto il primo ospedale con pazienti solo «virtuali»

(di Ruggero Corcella per Corriere.it) – Non sono soltanto i medici di famiglia a doversi confrontare con l’innovazione tecnologica. La rivoluzione digitale sta producendo effetti strabilianti anche negli ospedali. Se in Italia, in generale, si arranca, fuori dai nostri confini il futuro è già realtà. Al Great Hormond Street, uno degli storici ospedali pediatrici di Londra è stata lanciata la DRIVE (Digital, Research, Informatics and Virtual Environments) Unit, che nasce dalla collaborazione tra l’NHS (National Health System) britannico, lo University College di Londra e diverse aziende «tech». Come si spiega in un articolo su New Scientist «non è un reparto che eroga cure cliniche ma uno spazio dove gli ingegneri possono interagire con pazienti, medici e infermieri – qualche volta svolgendo giochi di ruolo, in scenari di attualità – per scoprire che cosa le nuove tecnologie possono o non possono fare prima che siano lanciate in ambito clinico in tutto il Sistema sanitario nazionale». L’Intelligenza artificiale qui regna sovrana: dai sistemi di riconoscimento facciale, alla geolocalizzazione per seguire gli spostamenti di chiunque si trovi in ospedale; dagli ologrammi di animali che saltellano per i reparti, visibili soltanto da chi ha una app di realtà aumentata, ai programmi di fisioterapia inseriti nei controller per videogiochi.

Telemedicina e teleconsulti

E che dire del Mercy Virtual Hospital, il primo ospedale «virtuale» al mondo, costato 45 milioni di dollari e realizzato a Chesterton (nel Missouri, Usa)? In un palazzo di vetro di quattro piani, 330 fra medici e infermieri gestiscono 2.400 pazienti. Con un piccolo particolare: nessuno di loro è ricoverato. Vengono seguiti a distanza, attraverso un sofisticato sistema di telemedicina. Può trattarsi di cure a domicilio, nel caso la malattia lo consenta. Il Mercy però ha anche un «reparto virtuale» di Terapia intensiva che segue i malati sparsi in decine di ospedali in cinque Stati, fornendo al personale sanitario un monitoraggio dei segni vitali con telemetria centralizzata. C’è la possibilità del teleconsulto fra medici per le emergenze di Pronto soccorso, l’ictus, i pazienti pediatrici e quelli psichiatrici. E i malati cronici sono arruolati in un programma speciale e ricevono tablet, bracciale per la pressione sanguigna, pulsiossimetro e bilancia. In caso di necessità, un servizio infermieristico su chiamata garantisce assistenza h24 e 7 giorni su 7.

Esperienze italiane

In Italia, gli esempi di applicazione della sanità digitale negli ospedali non mancano. «Ci sono bellissime esperienze, ma come al solito molto localizzate. Si fa fatica a portarle a livello di sistema», dice Giovanni Delgrossi, direttore Sistemi informativi dell’ Azienda socio sanitaria territoriale Asst di Vimercate (MB). «È assolutamente vero che in altri Paesi, anche europei, questa nuova modalità di erogare servizi è già partita. Però ha alle spalle un nuovo modello di organizzazione» aggiunge Elena Sini, membro del Governing Council di Himms Europe e di Himms Italia, un network internazionale di professionisti della salute e dell´ICT – Information and Communications Technology – pubblici e privati, che promuove il miglioramento dei servizi sanitari attraverso l´applicazione di soluzioni digitali. «Negli ultimi due anni, il nostro Paese è molto cresciuto dal punto di vista dei progetti innovativi di eccellenza. Ma non c’è tempo da perdere. In mancanza di un cambiamento del modello di organizzazione in ambito pubblico, sulla scena potrebbero affacciarsi nuovi attori in grado di sfruttare un vantaggio competitivo erogando questi servizi subito perché le tecnologie sono disponibili e i cittadini sempre più interessati», conclude Sini.