Salute, il titolo di studio conta: in Italia chi è poco istruito vive meno

Chi è meno istruito ha una minore speranza di vita alla nascita. La notizia arriva dall’Atlante italiano delle disuguaglianze di mortalità per livello di istruzione realizzato dall’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e il contrasto delle malattie della Povertà (Inmp) che per la prima volta ha raccolto, in collaborazione con l’Istituto nazionale di statistica (Istat), i dati su scala nazionale sulla mortalità degli italiani negli anni compresi tra il 2011 e il 2014.

Disuguaglianze: socio-economiche e non solo

Negli ultimi anni il servizio sanitario nazionale ha compiuto molti passi in avanti per cercare di colmare le disuguaglianze a livello regionale nella distribuzione delle misure di prevenzione e dei percorsi di cura, nel tentativo di migliorare l’offerta sanitaria e garantire un progressivo aumento della speranza di vita in tutto il Paese. A oggi, però, ancora permangono molte disuguaglianze nell’ambito dell’assistenza sanitaria, e lo stato di salute degli italiani tuttora subisce importanti cambiamenti a seconda delle condizioni socio-economiche e delle zone in cui si vive. A determinare le condizioni di salute delle persone è anche un altro fattore, il grado di istruzione, che può influenzare lo stile di vita e la possibilità di accedere a misure di prevenzione adeguate e a percorsi di cura più appropriati.

Titolo di studio e stato di salute

Dall’Atlante emerge che in Italia il 18,3% della mortalità generale tra gli uomini e il 13,4% tra le donne è dovuta a un basso livello d’istruzione. In particolare gli uomini meno istruiti hanno una speranza di vita inferiore di tre anni rispetto a quelli con un titolo di studio più elevato, mentre per le donne la differenza si attesta a un anno e mezzo.

Speranza di vita: cos’è

La speranza di vita è il numero di anni che, statisticamente, un individuo può aspettarsi di rimanere in vita. Se si fa riferimento alla nascita, la speranza di vita alla nascita (detta anche aspettativa di vita alla nascita o vita media) è uguale al numero di anni che mediamente una persona ha di rimanere in vita. È un valore che dipende dalla popolazione di cui fa parte l’individuo ed è diverso per uomini e donne. 

Rischi maggiori per chi vive al Nord

Un livello di istruzione inferiore spiega dunque una quota rilevante dei rischi di mortalità, sia pure con effetti differenti per area geografica e cause di morte. Quanto all’area geografica, il pericolo è maggiore per chi vive al Nord, mentre è minore al Centro-Sud. «Le disuguaglianze di mortalità – si legge nell’Atlante – rappresentano un mancato guadagno di salute possibile nel nostro Paese e suggeriscono spunti per una valutazione delle priorità e per la definizione di target di salute. A 40 anni dall’istituzione del Servizio sanitario nazionale, c’è ancora spazio per guadagnare equità nella salute».

Tumori, diabete e malattie respiratorie

Quanto alle cause di morte maggiormente legate a un grado di istruzione non elevato, sono il tumore dello stomaco, il diabete e le malattie del fegato, sia per gli uomini che per le donne. Differenze significative per la popolazione maschile si osservano anche relativamente ai tumori del polmone, delle vie aeree e degli organi digestivi superiori, alle malattie respiratorie, agli incidenti stradali e alle cadute, mentre per la popolazione femminile relativamente alle malattie dell’apparato urinario e genitale.

Morti evitabili: programmare politiche utili

Le differenze nella salute determinate da fattori sociali come l’istruzione sono, almeno in parte, prevenibili e modificabili. Secondo l’Atlante si potrebbe evitare fino al 25% dei decessi, portando i tassi di mortalità della popolazione con titolo di studio medio-basso ai valori di quelli della popolazione con titolo di studio alto. Avere consapevolezza di questo può servire per programmare politiche utili a prevenire morti evitabili. Un obiettivo ambizioso per raggiungere il quale, ha spiegato il ministro della Salute Giulia Grillo, non si può prescindere da un maggior coordinamento a livello nazionale: «In Italia la percezionedelle ricadute delle disuguaglianze sociali sulla salute e sui costi sanitari è ancora modesta e l’obiettivo di riduzione delle disuguaglianze di salute non è ancora stato inserito organicamente in un piano di sviluppo del settore sanitario. La capacità di risposta varia da regione a regione e occorre un maggiore coordinamento a livello nazionale, poiché non può esserci salute senza una maggiore uguaglianza sociale in ogni angolo del Paese”. (Peopleforplanet)