Sanità, arriva il piano per le liste di attesa e un fondo per i cup online. Ma senza nuove assunzioni le code restano

(di Chiara Daina per Il Fatto Quotidiano) – Dopo un vuoto di quasi dieci anni, è stato consegnato alle regioni il nuovo Piano nazionale per il contenimento delle liste di attesa(l’ultimo, del 2010, era scaduto nel 2012). Sarà valido fino al 2020 e conferma il diritto dei cittadini, fino ad ora ignorato dalle asl, di ricorrere all’intramoenia a carico dell’azienda, quando la prestazione medica non può essere erogata entro i tempi stabiliti. Il paziente dovrà pagare soltanto il ticket, come se si trattasse di una normale visita in regime pubblico. Un diritto peraltro già previsto dall’articolo 3, comma 13, del dlgs 124/1998.

Per la prima volta viene fissato il tempo massimo da rispettare anche per le visite programmabili (classe P): da erogare entro 120 giorni. Quelle urgenti dovranno essere smaltite sempre nel giro di 72 ore. Quelle brevi entro 10 giorni e differibili non dopo i 30 per le visite, o i 60 per le analisi. Non cambiano le quattro classi di priorità per i ricoveri: A, per i casi gravi (entro 30 giorni); B, riferito ai casi clinici complessi (60 giorni); C, per quelli meno complessi (180 giorni); e D, per quelli non gravi (12 mesi). L’altra novità riguarda l’attivazione di un cup online, aggiornato in tempo reale, che permetta la consultazione dei tempi di attesa relativi a visite o esami con il Ssn o in libera professione intramuraria. Oltre che annullare la prenotazione effettuata, pagare il ticket o il costo della prestazione con bancomat o carta di credito e visualizzare gli appuntamenti già presi. Per la piena attuazione del Piano, inoltre, verrà istituito l’Osservatorio nazionale sulle liste di attesa composto da rappresentanti del ministero della Salute, dell’Agenas, delle Regioni, dell’Istituto superiore di sanità e dalle organizzazioni civiche di tutela del diritto alla salute. Il ministro Giulia Grillo ha sottolineato che “la misurazione di quanto abbassi le liste di attesa dev’essere uno dei parametri fondamentali per valutare i manager. Tutti i presidenti di Regione che hanno ancora oggi in mano loro il potere di nominare i manager hanno anche il potere di rimuoverli quando quei manager non fanno rispettare i tempi di attesa delle prestazioni”.

Un bel piano, ma rimane un grosso problema: la carenza di specialisti. E con pochi medici l’attività ambulatoriale continuerà a essere rallentata. Infatti il fondo per “combattere i tempi lunghi delle liste di attesa”, come ha detto il ministro della Salute, da 350 milioni di euro previsti in legge di Bilancio per il triennio 2018-2020 è in realtà destinato a investimenti per il potenziamento delleinfrastrutture tecnologiche di prenotazione elettronica. “Si vuole partire dalla coda e non dalla testa, cioè il personale – fa notare la deputata Pd della commissione Affari sociali, Elena Carnevali -. Forse sono troppi tutti quei soldi soltanto per le piattaforme digitali. L’unico vero strumento per abbattere le liste comunque è abolire il tetto che limita le assunzioni”. Carnevali aveva presentato un emendamento decisivo alla manovra di Bilancio, anche a detta delle regioni, per sbloccare la situazione, che aboliva il tetto di spesa per il personale sanitario stabilito per il 2004, ridotto dell’1,4 per cento. Ma è stato bocciato.

“Lo chiediamo da tempo di eliminare il vincolo che dura da 14 anni sul costo del personale – insiste l’assessore alla Sanità dell’Emilia Romagna, Sergio Venturi – Il miliardo in più del fondo sanitario per il 2019 verrà tutto speso per il rinnovo dei contratti e nulla di più”. “Resta poi il problema delle borse studio per le specializzazioni, tuttora insufficienti – aggiunge Antonio Saitta, coordinatore della commissione Salute della Conferenza delle Regioni, nonché assessore alla Sanità del Piemonte -. La nostra richiesta era di averne tremila in più e invece il governo ne ha previste solo 300 in aggiunta a quelle attuali. Il problema della carenza di personale va affrontato di petto, con misure a lungo termine”.