Si fanno ricoverare e poi rubano. In ospedale i ladri sono i pazienti

(di Manuela Plastina per La Nazione) – Firenze, 30 ottobre 2018 – AGGRESSIONI, minacce, insulti. E poi furti, a ripetizione. Sono sempre più frequenti episodi di questo genere nell’ospedale di Ponte a Niccheri. Operatori, infermieri e medici degli ospedali, in particolare del pronto soccorso, si trovano così a doversi difendere da atti violenti, fisici o verbali, da parte dei pazienti. «Da mesi gli operatori chiedono un intervento dell’Asl – dicono i rappresentanti Cobas nella Rsu Andrea Calò e Simone Crinelli –. Denunciano un aumento della frequenza di abusi verbali e di violenza fisica». Eventi che aumentano lo stress, talvolta anche traumatico, in un lavoro già particolarmente difficile e complicato: «La direzione deve intervenire per eliminare in luoghi così delicati paura e insicurezza», sottolineano i due rappresentanti.

Non solo: operatori e infermieri lamentano anche numerosi furti di oggetti personali che appartengono ai pazienti: chi deve sottoporsi a cure, lastre, analisi, spesso deve lasciare la borsa incustodita o togliersi anelli e braccialetti per gli esami diagnostici.

«Viene chiesto ai dipendenti di occuparsi non solo della salute, ma anche di denaro, gioielli, cellulari, tablet di chi arriva al pronto soccorso e deve essere sottoposto a procedure sanitarie – dicono Calò e Crinelli – per evitare che possano essere rubati magari da altri pazienti. Ma è una procedura che scarica tutta la responsabilità esclusivamente e ingiustamente sui lavoratori». Manca, lamentano, un’adeguata cartellonistica che inviti a fare attenzione e avere cura dei propri effetti personali lasciandoli a un parente o un accompagnatore.

«I lavoratori del pronto soccorso agiscono in regime di sovraffollamento e carenza organica, lavorano in emergenza a cicli continui e insostenibili: non possono avere anche la responsabilità della custodia oggetti. Come delegati Rsu per i Cobas chiediamo all’azienda di individuate subito procedure e strumenti adeguati a tutela di pazienti e lavoratori». La situazione è talmente difficile che l’assessore regionale alla Sanità ha intanto deliberato alcune misure urgenti: entro 6 mesi dovranno essere introdotti sistemi di videosorveglianza e allarme, un corpo di vigilanza, un supporto psicologico al personale aggredito e un osservatorio regionale su questi fenomeni.