Condropatia rotulea: oggi il dolore al ginocchio si cura così

Il dolore al ginocchio è un sintomo molto diffuso tra le persone di ogni età. Quando compare in assenza di traumi o eventi scatenanti, responsabili del sintomo doloroso possono essere le cartilagini del ginocchio, che hanno la funzione di ammortizzare le forze che agiscono sull’articolazione. Si chiama condropatia questa malattia del tessuto cartilagineo che colpisce soprattutto le donne (65%) ma anche gli sportivi che sottopongono l’articolazione a sollecitazioni continue. Sintomi principali sono il dolore intorno alla rotula, la sensazione di scricchiolio e talvolta il gonfiore. L’intervento chirurgico è previsto solo nei casi di estrema gravità, mentre la terapia farmacologica, a base di infiltrazioni di acido ialuronico, è personalizzata e svolta insieme alla riabilitazione motoria.
“Fattore aggravante della condropatia sono le artrosi, che un tempo ne facevano una malattia tipica degli anziani – spiega l’ortopedico Pietro Banchini – Oggi invece non ci sono più differenze d’età o di professione”.

Sintomi
“Il primo e principale sintomo è il dolore avvertito durante il movimento, dovuto a degenerazione o degradazione del tessuto cartilagineo – spiega Banchini – In una fase successiva compaiono i primi segni di usura e talvolta anche gonfiore. Negli stadi più avanzati, poi, il blocco meccanico del ginocchio”.

Diagnosi
Un accurato esame clinico svolto dallo specialista ortopedico è la base per una diagnosi tempestiva e corretta. “Innanzitutto viene chiesto al paziente se ha subito un trauma o se c’è stato un evento scatenante, come un trasloco lungo scale in discesa. Poi si valuta la localizzazione del dolore e soprattutto la conformazione degli arti inferiori, perché il ginocchio valgo o varo può essere una condizione predisponente, non consentendo la distribuzione uniforme del carico sull’articolazione” spiega Banchini. Il ricorso alle indagini radiologiche è limitato a casi dubbi, quando ad esempio compare dolore improvviso e non graduale, oppure quando continua ad aumentare, nonostante le prime terapie e il riposo. “Il più delle volte è sufficiente una lastra tradizionale, anche perché spesso le condropatie in cui ancora non c’è stata perdita di sostanza per usura, non sono visibili con la risonanza magnetica” sottolinea lo specialista.

La terapia migliore sono le infiltrazioni di acido ialuronico
Nei primi gradi della condropatia, quando c’è degenerazione o degradazione lieve dei tessuti, è sufficiente rimanere a riposo fino alla risoluzione della fase dolorosa. La terapia farmacologica in questo caso è antinfiammatoria e, se non sufficiente, infiltrativa. “Le infiltrazioni di acido ialuronico rimangono la terapia più idonea per la condropatia, che l’ortopedico deve personalizzare sulle patologie di base del paziente e sui sintomi riferiti. Gli acidi ialuronici a disposizione sono diversi per formulazione e concentrazione: quelli a medio peso molecolare sono più indicati per i giovani e gli sportivi, perché hanno una funzione soprattutto antinfiammatoria e nutritiva; si utilizzano invece le molecole con maggiore funzione meccanica quando la patologia inizia a diventare cronica da usura” spiega Banchini. È fondamentale associare alle infiltrazioni una riabilitazione personalizzata, volta a riequilibrare il ginocchio, riducendo la deviazione della rotula rispetto all’osso del femore, che è presente quando il ginocchio è valgo o varo. “In presenza di artrosi però la terapia infiltrativa è solo sintomatica, cioè attenua il dolore per un po’ ma non guarisce la causa – sottolinea Banchini – La combinazione di infiltrazioni e riabilitazione va protratta quindi fino a quando se ne ha beneficio, poi bisogna ricorrere ad una soluzione chirurgica”. L’intervento chirurgico è anche indicato quando, soprattutto dopo i traumi, c’è il distacco o la compressione delle cartilagini.

Il futuro (e il presente per pochi, visto gli elevati costi) sono le terapie con i campi elettromagnetici pulsanti o le staminali. “Si tratta di terapie i cui benefici sono ancora oggetto di studio – spiega l’ortopedico – Non possono comunque essere utilizzate da tutti, perché danno buoni risultati solo in particolari condizioni, ad esempio per i campi elettromagnetici quando lo stato di avanzata degenerazione delle cartilagini non è ancora al grado di usura”. (Gazzetta di Parma)