I diritti di chi soffre di mal di schiena

Il mal di schiena è una delle patologie più diffuse: in Italia ne soffre quasi una persona su 4. La percentuale cresce quando si sale di età, arrivando addirittura all’80% degli anziani. Non a caso il mal di schiena è la causa più ricorrente di infermità lavorativa e di disabilità. Si va dalla semplice lombalgia alla più noiosa lombo sciatalgia (che, come noto, è un risentimento collegato a una patologia della schiena), dal bulging alla protrusione vertebrale; dalla scoliosi fino all’ernia con espulsione che è una delle forme più invalidanti e dolorose di mal di schiena. Chi non ce la fa più deve sottoporsi a intervento chirurgico, con conseguente assenza dal lavoro e aggravio di spese per via della necessaria e dispendiosa fisioterapia. Val quindi la pena di comprendere quali sono i diritti di chi soffre di mal di schiena, sia dal punto di vista lavorativo che sotto l’aspetto fiscale.

Mal di schiena e assenze dal lavoro

Il primo aspetto da considerare è quello relativo all’assenza dal lavoro per mal di schiena. Chi soffre di mal di schiena può chiedere un certificato al proprio medico che, previa visita (necessariamente fatta di persona, non essendo consentita una diagnosi per telefono), assegna i giorni di malattia. Il certificato viene inviato telematicamente all’Inps dallo stesso medico di famiglia, ma il dipendente deve comunque accertare che tale adempimento venga eseguito e deve comunque informare il datore della propria impossibilità a recarsi sul posto di lavoro.

In quanto assente dal lavoro, il dipendente non solo deve essere reperibile nelle fasce orarie previste per la visita fiscale, ma deve anche astenersi, nei momenti successivi della giornata, dal compiere sforzi e tutto ciò che possa ritardare la guarigione. Ad esempio, è stato ritenuto valido il licenziamento inflitto al dipendente che, nonostante avesse prodotto un certificato medico per mal di schiena, era stato poi trovato nel giardino di casa propria a sollevare pesi. Non è tanto il sospetto che la malattia sia insussistente (a stanare le bugie ci pensa già il medico dell’Inps), ma il fatto che il lavoratore deve fare in modo di rimettersi al più presto per non privare a lungo l’azienda della propria presenza.

Che succede se il medico dell’Inps, a seguito della visita fiscale, certifica che il dipendente può tornare sul lavoro e questi, invece, ritine che il mal di schiena non sia ancora passato? Il lavoratore ha diritto a contestare la valutazione fatta dal pubblico ufficiale e a presentare un ricorso al Coordinatore sanitario della competente sede Inps, cui sarà rimessa l’ultima parola, e nel frattempo può rimanere a casa, purché coperto dal certificato del proprio medico di base (che dovrà eventualmente emettere un’attestazione di prosecuzione della malattia per ulteriori giorni rispetto a quelli già dati all’inizio dell’assenza).

Durante i giorni di assenza, il dipendente ha comunque diritto alla retribuzione: la malattia viene di solito pagata dall’Inps (con la cosiddetta indennità di malattia) e in alcuni casi viene integrata dal datore di lavoro.

Per chi si opera di schiena, ad esempio a seguito di ernia del disco, è consentita l’assenza dal lavoro con conservazione del posto per tutto il cosiddetto periodo di «comporto»: in altre parole il dipendente può assentarsi senza il rischio di essere licenziato, a condizione che tale assenza non superi il periodo massimo indicato dal contratto collettivo nazionale di categoria. Se però – come vedremo a breve – il mal di schiena è stato determinato da una causa lavorativa (perché, ad esempio, il datore di lavoro non ha tutelato il dipendente, facendogli portare dei carichi di peso eccessivi), l’assenza può protrarsi anche oltre i limiti del comporto senza rischi di licenziamento.

Mal di schiena e ambiente di lavoro

È compito del datore di lavoro tutelare l’integrità fisica del lavoratore, evitando quindi di adibirlo a mansioni fisicamente troppo pesanti, anche alla luce delle eventuali patologie di cui questi soffre. Come abbiamo appena detto, qualora l’ernia del disco dovesse essere determinata da infortunio sul lavoro – perché l’azienda non ha predisposto le misure di sicurezza necessarie a evitare tale rischio – il dipendente ha diritto ad assentarsi senza limiti di tempo, senza perdere il posto.

In ogni caso, chi soffre di mal di schiena deve farlo presente al datore di lavoro con un certificato medico affinché questi non adibisca l’interessato a mansioni incompatibili con il suo stato di salute. Se non informa di ciò il datore, quest’ultimo non può poi essere ritenuto responsabile dell’eventuale aggravamento della malattia.

Che succede se il dipendente che soffre di mal di schiena subisce un’ernia del disco a causa delle mansioni svolte? Questi può fare causa all’azienda e ottenere la rendita dell’Inail tutto le volte in cui si è in presenza di una delle seguenti ipotesi (cosiddetta «malattia professionale tabellare»):

  • lavorazioni svolte in modo non occasionale con macchine che espongono a vibrazioni trasmesse al corpo intero: macchine movimentazione materiali vari, trattori, gru portuali, carrelli sollevatori (muletti), imbarcazioni per pesca professionale costiera e d’altura;
  • lavorazioni di movimentazione manuale dei carichi svolte in modo non occasionale in assenza di ausili efficaci.

Questo però non toglie che, anche se l’ernia dipende da altre ipotesi, possa essere fatta la causa di servizio; ma in tale caso, l’onere della prova spetta al dipendente: è quest’ultimo cioè a dover dimostrare la dipendenza della malattia dall’ambiente di lavoro (al contrario, nei due casi precedenti, il rapporto di causa/effetto si presume automaticamente). Secondo infatti la Cassazione ha diritto ad avviare la «causa di servizio» il dipendente affetto da ernia determinata da manovre pesanti impostegli sul lavoro.

Chi soffre di mal di schiena può chiedere al datore di lavoro di adibirlo a mansioni differenti, compatibili con il suo stato di salute. Ma questo non implica un obbligo per l’azienda di ristrutturare il proprio organigramma: in altre parole, se tutte le altre posizioni lavorative sono già occupate da altri dipendenti e non c’è possibilità di reimpiegare il malato in altre mansioni quest’ultimo potrà essere licenziato.

Mal di schiena e visita domiciliare

Vediamo ora quali sono i diritti di chi soffre di mal di schiena nei confronti del proprio medico di famiglia. Se il dolore è così intenso che impedisce al malato di camminare, può questi chiedere al proprio dottore una visita domiciliare? In generale, non esiste un diritto assoluto ad ottenere la visita a domicilio, ma è il medico di base a decidere se vi è necessità e se il paziente è in condizione di non trasportabilità. Se sussistono tali due condizioni, vi è il diritto alla visita a domicilio. La visita richiesta entro le ore 10 va eseguita in giornata, altrimenti verrà eseguita il giorno successivo.

Mal di schiena e spese mediche: detrazioni fiscali

Come tutte le spese mediche, anche quelle per il mal di schiena possono essere detratte dalle tasse: così i farmaci, i consulti medici, le indagini strumentali come la risonanza magnetica, la tac, l’ecografia, ecc.

I problemi principali si pongono per la riabilitazione. La fisioterapia eseguita da un centro medico specializzato può essere certamente detratta dalle tasse: così, ad esempio, le sedute di ozonoterapia, la tens, la ionoforesi, gli infrarossi, la tecar terapia, le trazioni, la massoterapia, ecc.

La ginnastica posturale e la riabilitazione (anche in acqua) possono essere scaricate dalle tasse a condizione che, oltre al certificato medico con la prescrizione, la prestazione sia svolta da un medico o da un fisioterapista oppure la fattura sia rilasciata da un centro medico specializzato in ortopedia. Dunque la ginnastica non può essere svolta in un centro sportivo qualsiasi se non alla presenza di personale qualificato (l’istruttore tradizionale, con laurea in scienze motorie, non consente di scaricare la spesa medica dalle tasse).

Non dimentichiamo infine la possibilità di detrarre dalle tasse l’acquisto del materasso ortopedico fino al 19% di spesa. È necessaria:

  • la prescrizione medica su carta intestata (in alternativa, il contribuente può presentare un’autocertificazione che attesti la necessità per la quale l’ausilio viene acquistato);
  • la fattura intestata al contribuente in cui si specifica il tipo di spesa.

[Fonte https://www.laleggepertutti.it/162249_i-diritti-di-chi-soffre-di-mal-di-schiena]