I costi della malasanità

(di Raffaella Pozzetti per Mark Up) – 42 miliardi di dollari l’anno: questo il costo associato agli errori terapeutici nei paesi ad alto reddito (fra cui l’Italia). Per un 15% della spesa sanitaria che ogni Stato, mediamente, deve investire per riparare ai danni subìti dai pazienti e ai cosidetti ‘eventi avversi’ occorsi negli ospedali.

A segnalarlo, il Report Mondiale 2018 sulla qualità dei servizi sanitari, presentato dall’Organizzazione mondiale della sanità ed elaborato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo svilippo economico e dalla Banca Mondiale.

Qualche esempio di malasanità nel mondo? Il 10% dei pazienti va incontro ad un evento avverso durante il trattamento sanitario; il 7% dei pazienti (il 10% nei Paesi in via di sviluppo) può acquisire un’infezione durante l’assistenza sanitaria, che potrebbe essere facilmente evitata con una migliore igiene e con un uso intelligente degli antibiotici. Infine, persistono ingiustificate variazioni nell’erogazione delle cure sanitarie, e una significativa percentuale di pazienti che non riceve cure appropriate o basate sull’evidenza scientifica.

Quanto costa, al nostro Paese, una standard di servizio sanitario non all’altezza? Ogni anno, in Italia, si spendono circa 22,5 miliardi di euro per ovviare agli sbagli medici, a fronte di una spesa sanitaria nazionale valutata attorno ai 150 miliardi di euro (dati Istat 2016).

Quali sono le iniziative cui ogni Stato deve lavorare per migliorare i propri standard nell’erogazione dei servizi sanitari? La formula suggerita dal Report è quella di adottate misure, condivise a livello nazionale, centrate appunto sul potenziamento degli aspetti qualitativi, a partire dal garantire che i sistemi sanitari dispongano di un’infrastruttura di informazioni e tecnologia in grado di misurare e rappresentare la qualità delle cure, sino ad arrivare all’acquistare, finanziare e commissionare in base al principio del valore.

Le proposte per una sanità migliore, secondo il Report Mondiale 2018, devono coinvolgere non solo, come è ovvio, i sistemi sanitari e gli operatori sanitari, ma anche la cittadinanza ed i pazienti, invitati, per esempio, ad avere un ruolo più attivo nella progettazione di nuovi modelli di assistenza al fine di soddisfare le esigenze della comunità locali.