Lesioni da overuse, quando il sovraccarico è causa di infortuni

Ossa, cartilagini, legamenti, muscoli, tendini. Tutti i tessuti anatomici possono essere interessati da un infortunio occorso durante la pratica sportiva: dalle fratture alle distorsioni agli strappi muscolari che spesso derivano da un singolo evento traumatico. Una categoria di infortuni sportivi molto comuni si caratterizza invece per l’associazione con la ripetitività del gesto atletico: «Sono le lesioni da overuseche possono insorgere nel tempo per il sovraccarico funzionale, l’iterazione del gesto atletico esercitata su un dispositivo spesso muscolo-tendineo o anche cartilagineo», dice il dottor Piero Volpi, Responsabile di Ortopedia del ginocchio e traumatologia dello sport dell’ospedale Humanitas.

Che infortunio è?

Le lesioni da overuse interessano diversi tessuti anatomici: i tendini, i muscoli, le cartilagini, le borse, ovvero le sacche che contengono il liquido sinoviale, fondamentale per ridurre l’attrito fra le componenti di diverse articolazioni, e anche le ossa.

I fattori di rischio delle lesioni da overuse possono chiamare in causa le condizioni fisiche dell’individuo, ad esempio un tono muscolare non particolarmente adeguato per sostenere lo stress derivante dall’attività. Allenarsi troppo intensamente, non rispettare i tempi di recupero, non procedere per gradi nella pratica sportiva possono sensibilmente aumentare il rischio di subire una lesione da overuse.

A ogni sport il suo infortunio

Sono diverse le discipline in cui può sorgere una lesione da sovraccarico; naturalmente sono interessati i distretti e i tessuti anatomici che più vengono sollecitati con l’esecuzione dei gesti sportivi specifici. Ad esempio nel nuoto lo è la spalla, che può subire un infortunio noto appunto come “spalla del nuotatore”, una condizione muscolo-scheletrica a carico della cuffia dei rotatori, oppure nel tennis lo è il gomito, con l’epicondilite, il famoso gomito del tennista.

Anche il ginocchio e il piede subiscono spesso infortuni del genere. La corsa è una delle attività in cui le lesioni da overuse sono all’ordine del giorno. Secondo alcuni dati epidemiologici, fino al 70% dei soggetti che si dedicano a questa disciplina va incontro a una lesione del genere. Correndo in particolari condizioni ci si espone a micro-traumi cumulativi che possono pregiudicare l’integrità dei tessuti. Il ginocchio è il cruccio del corridore. La sindrome femoro-rotulea, caratterizzata da un fastidioso dolore nella regione anteriore del ginocchio, la sindrome della bandelletta ileotibiale, le lesioni al menisco sono gli infortuni da overuse più comuni.

Scendendo ancora più in basso, ecco la sindrome da stress medio-tibiale, l’infiammazione nella regione della tibia di muscoli, tendini e ossa, e la temuta fascite plantare, l’infiammazione della fascia, il tessuto fibrocartilagineo che “scorre” sotto la pianta del piede. Come visto, anche le ossa possono subire le conseguenze di micro-traumi ripetuti nel tempo. Si può arrivare a vere e proprie fratture, note come fratture da stress, delle lesioni del tessuto osseo in particolare delle articolazioni degli arti inferiori come quelle del piede.

Gesto atletico e attrezzatura

Ci sono diversi elementi da tener presente per contenere il sovraccarico funzionale. Alcune considerazioni riguardano l’ambiente in cui si fa attività sportiva. Ad esempio è bene evitare superfici sconnesse per fare jogging. Altre indicazioni riguardano il programma di allenamento che si segue: «È fondamentale cercare di ridurre l’intensità ed eventualmente correggere il gesto sportivo», ricorda il dottor Volpi. «Tra gli altri sistemi preventivi è da considerare il valore protettivo dello stretching, del potenziamento muscolare mirato per la disciplina che si pratica e del riposo».

«È indispensabile fermarsi quando si avverte dolore e, infine, è utile controllare periodicamente l’attrezzatura utilizzata, a cominciare dalle scarpe, tanto per i corridori, quanto per chi si dedica ad altre discipline: per chi fa calcio i tacchetti devono essere integri così come le scarpe chiodate per chi pratica atletica leggera», conclude il dottor Volpi. (Humanitasalute)