Riabilitazione del pavimento pelvico maschile

«Ri-abilitare significa rendere di nuovo abile, capace di svolgere determinate funzioni e attività, che dopo un trauma o un intervento chirurgico possono venire a mancare o essere modificate.
«Prima di tutto per poter progettare, programmare e organizzare un intervento Terapeutico Riabilitativo deve essere fatta una accurata valutazione funzionale. È necessario raccogliere dati (anamnesi, diagnosi, intervento chirurgico e sintomi riferiti) del singolo paziente, perché la Riabilitazione del Pavimento pelvico ha lo scopo di insegnare a muovere correttamente tutti i muscoli ad esso correlati.
«Comunemente si pensa che un muscolo tonico o rigido sia segno di forza e che la Riabilitazione del Pavimento Pelvico sia sempre e solo contrarre, in realtà non è così. Prima di insegnare gli esercizi specifici del Pavimento Pelvico al singolo paziente ci sono degli elementi da esaminare: trofismo e tono muscolare, forza, tenuta, affaticabilità, rilasciamento, coordinazione di contrazione con altri muscoli delle gambe, della colonna, del bacino, quindi con diaframma respiratorio, glutei, adduttori e addominali.
«Inoltre si devono valutare gli esiti cicatriziali, la durata e l’invasività dell’intervento chirurgico e valutare le attività riflesse, la sensibilità e la statica pelvica. Quindi pensare che la Riabilitazione del Pavimento Pelvico possa essere eseguita in ogni palestra o ginnastica di gruppo è banale e assolutamente inefficace per il recupero di una funzione.
«La Riabilitazione deve essere progettata in modo individuale anche per gli uomini sulla base dei sintomi e la loro gravità, l’anamnesi patologica e chirurgica e i farmaci assunti (esame soggettivo) e poi con un esame muscolare per determinare la forza, la durata e la velocità dei muscoli del Pavimento Pelvico (esame oggettivo).
«Usualmente agli uomini vengono diagnosticati problemi di incontinenza urinaria da urgenza, da sforzo, gocciolamento post minzione, disfunzione erettile e dolore pelvico cronico.»

Perché è importante la rieducazione muscolare prima dell’intervento?
«Eseguire la Riabilitazione al Pavimento Pelvico al singolo paziente prima di sottoporlo a prostatectomia radicale (asportazione della prostata, delle vescicole seminali e dei linfonodi presenti nelle regioni attorno alla prostata) sembra essere efficace per favorire un recupero più veloce in presenza di incontinenza urinaria post chirurgica.
«Non si può predire con certezza la comparsa e/o la gravità di incontinenza urinaria dopo l’intervento, ma è giustificato preparare e prendersi cura della persona ad affrontare l’eventuale problema post operatorio, insegnando alcuni semplici esercizi e corrette abitudini comportamentali da eseguirsi subito dopo la rimozione del catetere vescicale.
«Il paziente deve imparare a non stringere i glutei o l’ano, infatti la riabilitazione non avviene per via anale, ma i muscoli interessati sono dal perineo verso l’osso pubico anteriormente. Si deve quindi correggere la contrazione addominale e la coordinazione respiratoria.
«Bastano due sedute di riabilitazione prima dell’intervento chirurgico, così il paziente ha il tempo di esercitare i corretti muscoli necessari senza fare confusione, permettendo così di arrivare con muscoli più forti all’intervento ma soprattutto saprà già eseguire in autonomia i corretti esercizi da fare nel subito post operatorio, senza perdere tempo.
«Poi, se necessario, le successive sedute di Riabilitazione andranno a migliorare o modificare l’esercizio.»

Qual è l’efficacia della riabilitazione dopo un’operazione chirurgica?
«L’esperienza clinica ha dimostrato che la Rieducazione post chirurgica è in grado di accelerare il recupero della continenza. Ed è proprio grazie alla Riabilitazione, della quale mi occupo, che si ottiene più velocemente la ripresa alla normale vita sociale e sportiva, mentre la sfera sessuale rimane di competenza dell’andrologo.
«I criteri di base dell’approccio riabilitativo in ambito maschile sono diversi da quelli che si applicano in caso di incontinenza femminile. Prima di iniziare il rinforzo perineale è importante far individuare al paziente: il muscolo corretto (percezione muscolare) da contrarre e rilasciare. Fondamentali la durata del tempo di contrazione, la ripetibilità della contrazione, il tono muscolare giusto da tenere per ogni esercizio, i tempi corretti nella tenuta della contrazione e anche del riposo tra un esercizio e l’altro e la corretta coordinazione respiratoria.
«In ultimo la contrazione dei muscoli del pavimento pelvico con i muscoli degli arti superiori e inferiori e della colonna nelle varie posture e nel cammino. Oltre agli esercizi muscolari fa parte integrante della riabilitazione anche far eseguire il diario minzionale a casa al paziente per individuare errori comportamentali nella minzione suggerendo allo stesso corretti tempi, quantità, caratteristiche e modalità di somministrazione dei liquidi e del conseguente svuotamento vescicale.
«L’obiettivo dopo l’operazione è quello di rieducare i muscoli del pavimento pelvico all’affaticabilità. In pratica il paziente deve essere in grado di utilizzare la capacità di contrazione e di tenuta nelle diverse situazioni posturali e in movimento (mentre si siede o si alza, prima di tossire, starnutire, sollevare pesi, camminare) ed è importante saper trattenere le urine.
«Lo scopo principale è di emendare la perdita di una funzione involontaria con un gesto (contrazione e tenuta) a carico di un muscolo sotto il controllo volontario.»

Gli esercizi per rinforzare il pavimento pelvico possono essere svolti in autonomia o necessitano di un costante supporto dello specialista?
«È fondamentale che il paziente apprenda, in sede riabilitativa, quale muscolo specifico deve lavorare-ri-abilitare. In base alla sua individuale capacità di contrarre e rilasciare vengono dati esercizi individuali specifici soprattutto nei tempi di lavoro e come e quando svolgerli nell’arco della giornata; come un abito cucito su misura che diceva poc’anzi il dott Cai.
«Il paziente deve saperli svolgere correttamente già in prima seduta ambulatoriale di fisioterapia, in modo tale da poterli svolgere in autonomia a casa. Eseguo sempre sedute di un’ora, di solito sono 4 o 5 a distanza di 10 o 15 giorni le prime due, poi vedo il paziente anche dopo un mese.
«Nel frattempo egli effettua il suo programma di esercizi specifici a domicilio in autonomia.»

Sono esercizi dolorosi, in particolare dopo l’intervento e come vengono praticati?
«No, non sono esercizi dolorosi e non devono esserlo. Primo passo fondamentale per un efficace recupero è che il paziente abbia una chiara consapevolezza dei propri organi pelvici, delle loro funzioni e del corretto reclutamento muscolare.
«La posizione supina (a pancia in su) è la più efficace per imparare bene gli esercizi: prima di tutto si insegna al paziente a correggere posture sbagliate del bacino che possono alterare il reclutamento muscolare e permettere l’appiattimento della lordosi lombare. Dalla posizione neutra con le ginocchia piegate si comincia ad insegnare al paziente quali esercizi fare e in che modo, ricordando che i muscoli del pavimento pelvico si stancano facilmente, perciò è inutile fare a casa un’ora di esercizi consecutivi o richiedere troppe contrazioni al perineo.
«Si insegnano al paziente due tipi di contrazione muscolare: contrazione rapida, che servirà per riuscire ad avere una continenza durante i cambi di pressione endoaddominali importanti come alzarsi-sedersi-tossire-starnutire e contrazione lenta come contrarre mentre si cammina, ci si alza da seduti o ci si siede/sdraia.
«È comunque sempre necessario controllare la respirazione poiché ci deve essere una sinergia tra muscolatura addominale, pavimento pelvico, muscoli della schiena e muscoli che avvolgono la cavità addominale.
«Una volta che il paziente ha imparato e rafforzato i muscoli corretti in posizione supina, dovrà successivamente eseguire anche degli esercizi da seduto, in piedi, ma soprattutto in movimento mediante esercizi che avranno una difficoltà progressiva.
«Quest’ultima varia in base al singolo paziente e al numero degli esercizi e delle contrazioni, il tempo di tenuta e di pausa delle contrazioni e le ripetizioni nel tempo.
«Per tutti comunque vale l’indicazione di eseguire poche ripetizioni ma spesso durante tutta la giornata.»

Quante sedute sono necessarie per ottenere dei risultati?
«Questo tipo di Riabilitazione molto specialistica non necessita della collaborazione giornaliera del Fisioterapista.
«Personalmente svolgo non più di cinque sedute e durante la fisioterapia è richiesta anche la presenza della moglie/compagna in modo da insegnare a entrambe il corretto approccio terapeutico e gli esercizi, permettendo così di eseguirli immediatamente a casa nel modo migliore.
«Le prime due sedute, come detto in precedenza, avvengono con una distanza di dieci giorni circa, le altre a distanza di quattro settimane o più perché prima che i muscoli si rinforzino hanno bisogno di tempo e di un vero e proprio allenamento quotidiano muscolare che il paziente deve e può fare da solo a casa tutti i giorni e più volte al giorno.
«Vengono inoltre comunicate al paziente alcune norme comportamentali come per esempio urinare da seduto, ogni quante ore, quale esercizio specifico effettuare dopo la minzione e la corretta assunzione dei liquidi durante la giornata.
«I risultati ci possono essere anche dopo poche settimane, come dopo tre, sei o dodici mesi, ma dipendono da molti fattori: la possibilità di eseguire fisioterapia prima dell’intervento chirurgico, l’età del paziente, la grandezza della prostata, la durata del problema, l’incontinenza o urgenza urinaria o deficit muscolare anche prima dell’intervento chirurgico e il tipo di intervento chirurgico eseguito.
«Nelle prime tre settimane dopo l’intervento, s’invita il paziente a evitare sforzi eccessivi perché si deve sviluppare un adeguato tessuto cicatriziale nelle zone interessate all’atto chirurgico. Quindi è bene evitare sport intensi come bicicletta e corsa o sollevamento pesi.
«È inoltre comprensibile una leggera ansia da parte del paziente relativamente alla possibilità di ritornare alla vita professionale e personale il prima possibile, ci vuole quindi pazienza e costanza.
«Ma comunque, la possibilità di una diagnosi sempre più precoce e lo sviluppo di tecniche chirurgiche sempre più precise fanno sì che ci siano sempre meno casi d’incontinenza o comunque che i tempi di miglioramento e guarigione siano più brevi.»

Elisa Borella, Dottoressa in Fisioterapia

[Fonte https://www.ladigetto.it/permalink/62805.html]