Tendine danneggiato? Accusato il piede piatto

Solo apparentemente invincibile, il tendine d’Achille cede talvolta al forte stress prolungato, o a un trauma, e si rompe con un sonoro schiocco acustico, causando un dolore non sempre intenso, ma improvviso, e la difficoltà di movimento.

La rottura completa è solo la punta di un iceberg, perché questo grande elastico che unisce il calcagno al polpaccio può soffrire di infiammazioni e degenerazioni che conducono anche a rotture parziali. Sono le fastidiose tendinopatie, talvolta di difficile risoluzione e non immediatamente diagnosticabili, se affidate a mani inesperte. Tra le cause principali c’è un appoggio del piede alterato, il piede piatto (con eccesso di pronazione) o cavo (con eccesso di supinazione); condizioni che conducono il tendine ad assumere un assetto non fisiologico e quindi a soffrire di stress prolungato.

«Il principale sintomo è il dolore che si avverte quando si cammina o durante il gesto atletico. Per arrivare ad una diagnosi corretta occorre affidarsi ad un ortopedico esperto che, dopo avere esaminato il tendine e l’intero piede, può disporre esami di approfondimento, come l’ecografia, utile per valutare l’entità del danno degenerativo o infiammatorio, e solo in casi selezionati la risonanza magnetica» spiega l’ortopedico Francesco Ceccarelli, direttore della Scuola di specializzazione in Ortopedia e traumatologia dell’Università di Parma.

«Obiettivo della terapia è la sistemazione del piede, la sua compensazione intesa come riequilibrio e normalizzazione dell’assetto – aggiunge Ceccarelli – Per questo il medico ortopedico può prescrivere plantari su misura da inserire nelle calzature, che devono essere realizzati adeguatamente. Solo nei casi più complessi si procede invece con la correzione chirurgica delle deformità».

Se le tendinopatie sono appannaggio di tutti, le rotture complete invece avvengono soprattutto tra gli sportivi, tennisti e calciatori in massima parte, a seguito di forti traumi spesso indiretti o dopo scatti improvvisi, in particolare negli atleti con elevata potenza muscolare e deficit di coordinazione.

Difficile quantificare con esattezza quanto siano diffuse le rotture compete del tendine d’Achille, ma si stima che ogni anno costituiscano circa il 35% di tutte le rotture tendinee. Anche sulle cause che possono predisporre ad una rottura non ci sono dati certi; gli studi internazionali rilevano però l’esistenza di alcuni fattori predisponenti generali, come i trattamenti con antibiotici prolungati, le infiltrazioni locali di cortisone, la condizione di insufficienza renale o l’ipertiroidismo e le eventuali tendinopatie preesistenti, ma solo in minima parte.

La diagnosi è clinica: l’ortopedico effettua un manovra che non lascia dubbi sulla rottura del tendine. Esami strumentali come la risonanza magnetica servono invece solo nei casi incerti o per documentare la lesione a fini assicurativi o medico-legali.

«Anche in questo caso la terapia non è valida per tutti, ma lo specialista deve tenere conto delle caratteristiche della persona e le sue capacità o necessità funzionali: la valutazione non viene fatta in base alla lesione, ma mettendo in primo piano il paziente» sottolinea Ceccarelli.

Si possono usare metodi incruenti come gessi e tutori per gli anziani con scarsa capacità di movimento o per chi ha alto rischio chirurgico che lo esporrebbe a complicanze. Altrimenti si ricuce lo strappo chirurgicamente, passando fili nei monconi superiore e inferiore del tendine per riavvicinarli. Una curiosità: «La lesione completa del tendine avviene nell’80% dei casi a sei centimetri circa dall’inserzione del calcagno, nella zona in cui è minore l’apporto vascolare. Il che confermerebbe che le cause della rottura potrebbero essere più fisiologiche che non patologiche» conclude lo specialista. (Gazzetta di Parma)