Il welfare tecnologico e ARBOT [FISIOTERAPIA E RIABILITAZIONE]

Benvenuti all’IIT, acronimo che dovremmo imparare a conoscere, perché sempre più, nei prossimi anni, rappresenterà una ricerca capace di incidere sulla vita delle persone. Sta infatti per Istituto Italiano di tecnologia, una storia di eccellenza di cui si parla poco. Il direttore di Iit, il fisico sperimentale Roberto Cingolani, ha infatti convinto il presidente del consiglio con un piano per realizzare nell’ex-area dell’Esposizione universale lo “Human Technopole”, ossia un polo tecnologico per l’innovazione destinata alla persona. Si è parlato di tecnologie per il Welfare e, per fare fronte all’invecchiamento della popolazione, dell’utilizzo dei Big Data per la medicina di precisione necessaria a sconfiggere le malattie neurodegenerative e il cancro, di innovazione da mettere al servizio di nutrizione e agronomia. Non solo si svilupperanno materiali sostenibili, si farà il nanotech al servizio dell’ambiente, e nasceranno tecnologie verdi per la gestione dei rifiuti e il ciclo dell’acqua. E ci saranno scienziati che lavoreranno per proteggere dagli effetti del tempo il patrimonio artistico dell’Italia. Percorrerne i lunghi corridoi – era nato come sede dell’Agenzia dell’entrate della Liguria – significa immergersi in un spazio multiculturale: il 29% delle 1.440 persone che lavora qui e nelle altre 10 sedi sparse in Italia, viene dall’Estero, una diversità che cogli nei dialoghi alle macchinette del caffè, alla mensa, oltre che nei laboratori. E a rendere il clima internazionale concorre anche quel 16% di italiani rientrati da atenei e centri di ricerca fuori dai confini.

È stato all’estero ad esempio Jody Saglia, ingegnere torinese, 33enne, formatosi al Politecnico della sua città e che lavora a Genova dopo un phd al King’s College di Londra. All’Iit l’hanno messo a guidare un team di otto persone mentre, in qualsiasi ateneo, oggi sarebbe a barcamenarsi fra le esercitazioni per gli studenti e dover seguire qualche tesista, per gratitudine al docente che gli avesse procurato una borsa post-doc. Invece è stato lui l’anno scorso, a mostrare al presidente del consiglio in visita Arbot, che sta per Ankle rehabilitation robot: non un umanoide, ma un insieme di pistoni idraulici che, rispondendo a un computer, imprimono a un movimento a un piede: oscillazioni, sollecitazioni, assistenza o resistenza. L’anca ha subito un trauma, i movimenti servono a ribilitarla: il mix delle mosse è gestito da un software, che “legge” la risposta del corpo, come solitamente fa un fisioterapista. Solo che il fisioterapista è un pc: “Una riabilitazione che potrà essere fatta da remoto, magari a casa, e il fisioterapista controllerà a distanza”, spiega Saglia. Siamo alla telemedicina avanzata, che unisce qualità a sostenibilità economica. L’Inail ci ha visto il futuro: riabilitazione di altissimo livello, comfort per il paziente, abbattimento dei costi, ed è corsa a firmare un accordo con l’Itt e Arbot è in sperimentazione clinica in un centro specializzato a Volterra (Pisa).

[Fonte http://www.vita.it/it/article/2016/01/07/ecco-a-voi-il-welfare-tecnologico/137847/]