Protesi “pensanti” per una riabilitazione post-ictus

(di Loredana Pianta per Euronews) – Il 3 dicembre si è celebrata la Giornata internazionale per le persone disabili, istituita 25 anni fa dalle Nazioni Unite. Un’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle barriere, fisiche e psicologiche, che rendono ancora difficile la vita quotidiana delle persone con disabilità. Tra i problemi più in sentiti ci sono le difficoltà legate ad un’insufficiente assistenza sanitaria e di riabilitazione.

L’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, conosciuto in tutto il mondo per aver creato iCub, il robot “bambino” dotato di sensi, sta testando delle neuro-protesi di nuova generazione, che potranno aiutare le persone rimaste paralizzate dopo un ictus o che hanno subito altri danni cerebrali.

Michela Chiappalone, ricercatrice in prima linea in questo studio, supportato dal programma Future and Emerging Technologies (FET) dell’Unione europea, spiega: “Abbiamo utilizzato neuroni biologici di origine animale, per riprodurre un piccolo cervello su un dispositivo. Abbiamo poi eseguito una lesione, tramite un laser, per disconnettere questo gruppo di neuroni da tutti gli altri, creando un danno molto simile a quello che avviene nell’uomo in caso di ictus. A questo punto abbiamo sviluppato la tecnologia per poter sostituire il gruppo di neuroni biologici con un gruppo di neuroni artificiali”. 

“Il dispositivo che è stato sviluppato permette di leggere i segnali – tramite un cavo – che arrivano dalla rete biologica, analizzarli e fornirli a un chip, che altri non è che la nostra rete di neuroni artificiali. Attualmente tutte le pratiche e le tecniche di riabilitazione lavorano sul sistema nervoso periferico, quindi a livello degli arti. L’idea di questa neuro-protesi è di agire là dove c’è il danno; quindi aiutare il cervello a promuovere le connessioni corrette, oppure a sostituire una parte che di fatto non funziona più, perché ormai è morta. Per la prima volta viene stabilita una comunicazione bidirezionale, tra un gruppo di neuroni biologici e un gruppo di neuroni artificiali”, aggiunge Chiappalone.

“Attualmente dispositivi robotici, come gli esoscheletri, sono progettati per la riabilitazione in pazienti paralizzati negli arti inferiori, che hanno subito lesioni a livello del midollo spinale o che hanno disfunzioni a livello cerebrale. La nostra idea è quella di utilizzare i segnali che vengono registrati direttamente a livello del cervello, per poter controllare questi dispositivi e rendere più personalizzato il trattamento neuro-riabilitativo. In un futuro un po’ più lontano, prevediamo di accoppiare neuro protesi impiantabili a livello cerebrale con il dispositivo esoscheletrico stesso, in modo da avere una terapia riabilitativa completa, che preveda non solo il recupero delle funzionalità a livello motorio, ma anche a livello sensoriale”, conclude la ricercatrice.