Tumore al seno, l’attività fisica contro il rischio di linfedema

Il linfedema è una delle possibili complicazioni del trattamento chirurgico e/o radioterapico del tumore al seno. È dovuto ad un’alterazione del sistema linfatico a seguito dell’asportazione dei linfonodi e si presenta come un rigonfiamento del braccio, su vari livelli, principalmente nella zona del gomito ed avambraccio, fino a coinvolgere la mano e l’intero arto. Prevenirne l’insorgenza, possibile anche a distanza di anni, è praticabile seguendo alcune piccole accortezze.

I linfonodi sono piccoli organi presenti in diverse parti del corpo lungo il decorso dei vasi linfatici. Possono essere di forma e dimensioni variabili e spesso si presentano come agglomerati. Quando uno o più linfonodi vengono asportati a seguito di un intervento chirurgico come nel caso del trattamento del tumore al seno – o di altri interventi chirurgici per altre forme di tumore come ad esempio l’asportazione dei linfonodi pelvici nel caso di tumori ginecologici – i liquidi linfatici non drenano in maniera adeguata e si accumulano causando rigonfiamenti dei distretti interessati.

«Circa il 10-20% delle donne con tumore al seno che hanno subito un intervento chirurgico mammario con asportazione completa dei linfonodi ascellari sviluppano il linfedema come conseguenza del trattamento; queste percentuali possono aumentare anche a seguito di un concomitante trattamento radioterapico sulle regioni sovraclaveari», dice il dottor Andrea Sagona, chirurgo senologo di Humanitas Cancer Center. «Il linfedema può comparire anche a distanza di anni, raramente subito dopo l’intervento. Il rischio di insorgenza del linfedema si è ridotto negli anni grazie al miglioramento delle tecniche chirurgiche, sempre meno invasive, come l’introduzione della biopsia del “linfonodo sentinella” che ha soppiantato la asportazione completa di routine degli altri linfonodi ascellari (dissezione ascellare)».

«Attraverso un’iniezione di un liquido debolmente radioattivo nell’area vicina alla sede del tumore, che viene drenato verso i linfonodi ascellari, si individua in maniera precisa il primo linfonodo, mediante una sorta di sonda che rileva le radiazioni, che potrebbe coinvolto dalla disseminazione delle cellule del tumore. Se “sano” (non metastatico) non si interviene ulteriormente. Se “malato” (metastatico) si asportano anche gli altri linfonodi ascellari».

Questa tecnica ha permesso di ridurre al 3-4% il rischio di insorgenza del linfedema se l’unico linfonodo asportato è quello sentinella. Sono in corso alcuni studi internazionali, di cui uno italiano multicentrico (SINODAR ONE) di cui la Breast Unit di Humanitas è il centro di coordinamento nazionale, che, in un prossimo futuro, permetteranno di evitare la asportazione dei linfonodi ascellari anche quando il linfonodo sentinella risulta malato.

«Tendenzialmente il linfedema non è doloroso, ma le donne avvertono un senso di pesantezza all’arto interessato. In base al grado del rigonfiamento la funzionalità del braccio e i suoi movimenti possono essere più o meno pregiudicati, oltre a creare un problema, a volte anche importante, di danno estetico».

In che modo è possibile prevenire il linfedema? «È indicato evitare traumatismi importanti, infezioni che possono indurre un’infiammazione (linfangite) e dunque favorire la insorgenza del linfedema. Meglio non praticare attività fisica che possa comportare un forte impatto con il suolo, ad esempio lo snowboard o gli sport di squadra, evitare prelievi nell’arto sottoposto alla asportazione dei linfonodi, evitare di misurare la pressione dal quel lato, evitare di indossare vestiti troppo stretti che possono causare ristagni di linfa. È utile anche tenere le braccia sollevate su dei cuscini quando si è seduti a lungo, ad esempio sul divano davanti alla tv, per favorire il drenaggio linfatico e utilizzare delle guaine compressive che effettuano una sorta di massaggio linfodrenante».

In passato l’attività fisica era sconsigliata perché si temeva che potesse aumentare il rischio di linfedema o di peggiorarlo se già insorto, ricorda la Mayo Clinic. Restare attive è invece utile: «L’importante è non fare sforzi intensi ma è consigliato praticare forme di attività fisica moderata, dalla ginnastica dolce allo yoga, dal pilates al nuoto etc. Vanno bene anche gli esercizi in palestra, senza sollevare pesi eccessivi perché i muscoli, contraendosi, mettono in moto i liquidi e prevengono il ristagno».

«Se il linfedema è conseguenza di infezioni o traumi può regredire, almeno in parte. In questi casi si può intervenire con bendaggi, linfodrenaggi e pressoterapia meccanica, tutte manovre non invasive con cui diminuire la quantità di liquido che può ristagnare. Per casi più importanti si ricorre ad interventi di microchirurgia vascolare, per ripristinare almeno parzialmente, un drenaggio linfatico. Da poco tempo esiste la possibilità di trapiantare linfonodi prelevati da altre parti del corpo e ristabilire cosi l’equilibrio del sistema linfatico», conclude il dottor Sagona.

[Fonte http://www.humanitasalute.it/prevenzione-e-stili-di-vita/52181-tumore-al-seno-lattivita-fisica-rischio-linfedema/]